I ristoranti che vendono “aria fritta”
Al di là dell’autoironia dello chef Nicola Dinato, spesso mini porzioni dei soliti ingredienti che vanno di moda sono proposte a prezzi esorbitanti.
Un bravo ristoratore, stella Michelin, ha ammesso di servire alla propria clientela, con forte senso dell’ironia, tra le tante ottime proposte, anche un piatto di “Aria fritta”. Si tratta in realtà di una sorta di nuvola a base di tapioca gonfiata in forno e poi fritta; dentro è vuota: c’è, appunto, aria fritta. Gustoso, perché dello stesso tenore, appare il commento della “rossa” allo stellato che così si esprime: “… tecniche e ottime materie prime gareggiano per un risultato di grande spessore”. La Guida de “L’Espresso” (un cappellone) si esprime quasi allo stesso modo “Tecnica e piglio creativo viaggiano di pari passo”, dopo aver affermato che la cucina di questo locale è “multiverso”. Sempre “L’Espresso” dedica un intenso cameo a Massimo Bottura, dove tra l’altro si legge che “L’arte è viva perché respira il fiato della gente e soffia indietro un messaggio finito. L’arte ha il potere di far cambiare idea”. Quando si tratta di descrivere i ristoranti top, i nostri bravi recensori e critici gastronomici saccheggiano il dizionario usando aggettivi roboanti, si abbandonano a iperboli sperticate, a figure retoriche azzardate, presi quasi da una gara lessicale. Molto spesso, però, questi grandi chef vendono, a caro prezzo, davvero aria fritta. Minuscole porzioni dei soliti ingredienti che vanno di moda, mescolati tra loro, anche in numero sovrabbondante, dove non si riconoscono più i sapori, dove si vuole stupire e magari dimostrare di avere maggior fantasia del collega pluristellato e dove troviamo, purtroppo, anche errori di tecniche di base. La clientela è varia e alcuni non stanno lì a guardare i prezzi e allora troviamo un antipasto di crudo di fassona a 48 euro, un risotto alla milanese a 42, le tagliatelle al ragù a 60 euro, una porzione di branzino a 90, un antipastino di scampi al vapore a 125 euro, gli spaghetti alla chitarra con frutti di mare e bottarga a 95, i filetti di triglia a 110 euro. Questi sono solo pochi esempi di prezzi reali di alcuni blasonati ristoranti. Si possono spendere in occasioni speciali o per sperimentare la creatività dei leader italiani della ristorazione ma questi non possono costituire le colonne portanti della cucina italiana. È stata di recente presentata alla stampa la nuova edizione 2019 della nostra Guida alle Buone Tavole: si tratta di un tentativo di far conoscere al pubblico una ristorazione media e talvolta medio alta, non di élite, dove si possono trovare gustosi piatti della nostra tradizione. Siamo in un mondo diverso, è vero, ma entrambi i mondi della ristorazione debbono coesistere, magari cercando di evitare estremi di “aria fritta”.
PS. Contrordine compagni! Dopo il contrordine illustrato nel nostro Focus di settembre, adesso ne abbiamo un altro: la carne fa bene! Le proteine animali sono salutari e la bistecca va mangiata con soddisfazione senza problemi, visto che contiene in abbondanza vitamina B12. Dopo l’allarme lanciato dall’OMS sui pericoli delle carni rosse riguardo all’insorgenza di tumori, adesso uno studio britannico dei ricercatori della Oxford University riabilita la “ciccia” in quanto sviluppa il cervello, la crescita scheletrica e i muscoli. Insomma, avrete capito che tanto vale mangiare quello che piace, con moderazione, senza esagerazioni, e senza il terrore di gustare i cibi che si preferiscono.
Paolo Petroni
Presidente dell'Accademia