Grandi trasformazioni nel mondo della ristorazione
Una silenziosa rivoluzione a danno dei luoghi tradizionali del cibo.
La storia insegna che le rivoluzioni si sa come cominciano ma non come finiscono. E spesso finiscono con esiti imprevedibili, a volte opposti a quelli attesi. Tuttavia, mentre si svolgono, lasciano a terra vittime più o meno numerose. È sotto gli occhi di tutti la silenziosa rivoluzione che si va consumando nel variegato mondo della ristorazione a sicuro danno dei luoghi tradizionali del cibo. Stime attendibili prevedono una perdita attorno al 15 per cento dei posti di lavoro nei ristoranti, così come li conosciamo oggi, a vantaggio di altri modi di offrire i pasti.
Il classico fast food, un tempo sinonimo di cibo spazzatura, sta cambiando pelle e sta virando verso le necessità di una clientela più matura ed esigente. Il credo assoluto di Dick e Mac McDonald, poi rafforzato dal “rifondatore” Ray Kroc, “solo hamburger e patatine fritte”, è ormai un lontano ricordo ampiamente tramontato. Oggi, per vivere bene, si servono insalatone, pesce o pollo fritti, panini tipici del luogo con ingredienti della Nazione ospitante e si affacciano servizi per la famiglia e, persino, il servizio al tavolo. Per avere un’idea del fenomeno si pensi che solo McDonald’s ha in Italia 600 punti in franchising e impiega una forza lavoro di 23.000 dipendenti. E non sono certo da soli: oltre al concorrente di sempre, Burger King, troviamo Autogrill, Chef Express, Roadhouse, Old Wild West e si affacciano anche catene etniche come Kyosko Sushi. Insieme a bar con piatti pronti, paninerie, piadinerie, street food di gran moda, si va affermando un nuovo modo di proporre il cibo. La prima intuizione è stata di Oscar Farinetti con la sua creatura Eataly. Il primo punto vendita è stato aperto nel 2007 a Torino Lingotto, poi sono venuti Genova, Roma Ostiense, Bari Fiera del Levante, Firenze, Milano, Trieste e molti altri anche all’estero, tra i quali quello celebre di New York. Una formula innovativa che consente di acquistare prodotti di ottimo livello e di gustare buoni cibi presso ristoranti a gestione autonoma. Il tutto coronato dalla faraonica struttura di FICO a Bologna.
Un altro ristoratore-imprenditore è entrato in un segmento analogo. Si tratta del fiorentino Umberto Montano il quale, con il suo format “Mercato Centrale”, sta conquistando mercati e stazioni ferroviarie. Partito nel 2014 dal mercato centrale di Firenze, la sua idea vincente è approdata nel 2016 all’interno della Stazione Termini di Roma con l’imponente e splendida Cappa Mazzoniana dell’ex dopolavoro ferroviario e, di recente, ha aperto il mercato di Porta Palazzo a Torino. Adesso si prepara a sbarcare alla Stazione Centrale di Milano, dove andrà a occupare l’area di via Sammartini, sul lato Ovest della Stazione. Si prevedono 20 banchi di artigiani del gusto, con degustazioni al banco e ai tavoli, e un ristorante. Insomma un mondo gastronomico in trasformazione.
In questo clima di novità e modernità, stupisce leggere che è stata nominata la migliore cuoca del mondo secondo The World’s Best Female Chef 2019. Si tratta della messicana Daniela Soto-Innes, chef del ristorante “Cosme” di Manhattan. Siamo contenti per lei, ma in un mondo “gender free” tanto strombazzato fa impressione vedere differenze di sesso in cucina. Un cuoco è bravo a prescindere dal sesso.
Paolo Petroni
Presidente dell'Accademia